Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi anni si è assistito a un lento mutamento delle abitudini degli italiani in tema di mobilità e di trasporto, in modo particolare all'interno dei grandi centri urbani. Infatti, l'aumento esponenziale del numero dei veicoli in circolazione, l'inefficienza cronica di molti sistemi di trasporto pubblico, il rincaro persistente del costo del carburante, l'innalzamento dei livelli delle polveri sottili che costringono periodicamente le amministrazioni di molti comuni al blocco parziale della circolazione, la ricerca continua di uno sfruttamento più ottimale dei tempi, hanno indotto i cittadini a dover individuare mezzi alternativi per sopperire alle proprie necessità quotidiane di trasporto. Si è così avuto un costante incremento delle immatricolazioni di ciclomotori ma soprattutto di motocicli, favorito anche dal miglioramento delle prestazioni e degli standard di sicurezza degli stessi. Dai dati forniti dal Ministero dei trasporti, a novembre 2006 è stato rilevato un incremento delle immatricolazioni pari al 6 per cento per gli scooter e al 9 per cento per le moto, rispetto all'anno precedente.
      Questo esodo dalle quattro alle due ruote ha comportato, quindi, la nascita di una nuova categoria con proprie specifiche esigenze, davanti alle quali il legislatore non può rimanere indifferente. Anzi, visti gli indubbi benefìci apportati a tutte le problematiche evidenziate, si propone l'introduzione di una serie di interventi volti a incentivare il fenomeno, a tutelare tale categoria ma anche a indirizzare ed educare

 

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a un'utilizzazione più consapevole del mezzo, in modo da tentare di prevenirne gli abusi e gli usi scorretti.
      La presente proposta di legge si prefigge di perseguire queste finalità attraverso il coinvolgimento diretto degli enti locali, promuovendone un comportamento attivo volto all'individuazione di interventi mirati e specifici, attraverso l'istituzione del Fondo per il sostegno alla mobilità motociclistica, pari a 30 milioni di euro, che consente agli stessi enti locali di utilizzare strumenti idonei a risolvere le eventuali problematiche legate al proprio territorio e relative alla mobilità su due ruote.
      L'accesso al Fondo avviene attraverso la proposizione di progetti - le cui finalità e i cui criteri di valutazione sono individuati dalla presente proposta di legge - i quali, dopo essere stati valutati da un'apposita commissione, possono essere finanziati su rendicontazione, sino al 60 per cento, o comunque non oltre un milione di euro, impegnando gli enti locali stessi a reperire le eventuali somme eccedenti, al fine di sollecitarne una effettiva e solerte esecuzione.
      Le modalità per la composizione della commissione, per l'erogazione delle somme e per la presentazione dei progetti sono demandate ad apposito bando del Ministero dei trasporti.
      Inoltre, spesso, e non a torto, si sente affermare che nel nostro Paese le leggi sono troppe e in contraddizione tra loro, e perciò sovente inapplicabili. Da ciò derivano, da una parte, per i cittadini, la difficoltà di comprendere quali comportamenti siano leciti e, dall'altra, per gli organi di polizia, quella di vigilare sul rispetto delle regole. Lo spirito che perfonde il capo II della presente proposta di legge è dunque quello (anche se limitatamente al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il nuovo codice della strada) di semplificare la legge e di renderla al contempo più efficace, coordinandola - ma forse sarebbe più corretto dire «sincronizzandola» - con l'evoluzione della società e con il conseguente rapido mutamento delle abitudini e dei bisogni dei cittadini.
      È sicuramente rilevante passare a illustrare quale significato sottende alle modifiche che la presente proposta di legge intende apportare al codice della strada.
      L'articolo 6 della proposta di legge dispone l'abrogazione del comma 2-sexies dell'articolo 213 del codice della strada, che prevede la confisca di ciclomotori e motocicli quando questi siano stati usati per commettere un reato. Non sembri questo un atto irresponsabile: si tratta invece di una questione di equità e di rispetto dei princìpi elementari del diritto. La normativa vigente, infatti, inspiegabilmente e irragionevolmente, non prevede la confisca ove il reato venga commesso per mezzo di veicoli diversi come automobili, furgoni, camion eccetera. Quantomeno sul piano del diritto, tale diverso trattamento nei confronti di chi utilizza motocicli e ciclomotori risulta di non facile comprensione e lascia trasparire un certo pregiudizio, che porta a un'associazione irragionevole con chi commette crimini, che si traduce in una norma irragionevolmente severa. Ma è possibile dire di più: una norma siffatta costituisce una pena preventiva e automatica, in aperta violazione con i princìpi della nostra Costituzione. Infatti, solo una condanna definitiva, stabilita al termine di un regolare iter processuale, può eventualmente - e solo se il giudice lo ritiene necessario - determinare il sequestro e, successivamente, la confisca di un bene o di un mezzo (in questo caso un ciclomotore o un motociclo) che sia stato utilizzato per compiere un reato. Viceversa, se la confisca - che è, giova ricordarlo, il trasferimento del diritto di proprietà allo Stato - viene disposta in forma automatica e sulla base di una mera presunzione di colpevolezza, si compie un evidente atto di ingiustizia e si espone lo Stato stesso al rischio di dover risarcire ingenti danni materiali e morali a chi, innocente, l'abbia dovuto subire.
      Il successivo articolo 7 estende al certificato di idoneità alla guida di ciclomotori (il cosiddetto «patentino») princìpi e meccanismi sanzionatori a suo tempo introdotti
 

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con la patente a punti. Pertanto, anche il possessore del «patentino» si vedrà attribuire un punteggio iniziale pari a venti punti; tale punteggio potrà subire decurtazioni secondo i medesimi criteri già applicati alle patenti di guida. Anche i meccanismi previsti per il recupero dei punti perduti sono quelli già in uso.
      L'articolo 8, invece, interviene ancora in materia di patenti di guida, andando a sanare un'altra, inspiegabile, disparità di trattamento. Come recita il testo in calce alla tabella di cui all'articolo 126-bis del codice della strada, infatti, ai fini del calcolo dei punti da sottrarre in caso di infrazione, il possesso di patente di categoria A non è considerato nel determinare se il trasgressore sia da considerare o meno «neo patentato» e nello stabilire, di conseguenza, quanti punti si debbano sottrarre. Bizzarramente, infatti, si considera «neo patentato» chi ha conseguito la patente da meno di tre anni, purché non risulti titolare di un'altra patente, che sia almeno di categoria B, rilasciata da più di tre anni. Paradossalmente, dunque, chi ha la patente di categoria A da dieci anni e la patente di categoria B da due è considerato «neo patentato» e subisce quindi il raddoppio dei punti decurtati; mentre lo stesso non vale per chi, viceversa, ha la patente di categoria B (o superiore) da più di tre anni.
      La modifica all'articolo 56 del codice della strada, attuata dall'articolo 9, intende accogliere l'indirizzo indicato dalla direttiva 97/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1997, e già da molti anni attuato negli altri Paesi membri dell'Unione europea, oltre che negli Stati Uniti d'America, in Canada, in Australia e in altri Paesi ancora. La direttiva citata disciplina, tra le altre cose, le caratteristiche che devono avere i ganci di traino applicabili ai motocicli a due e a tre ruote, prevedendo in sostanza che i motocicli possano trainare rimorchi. È frequente, soprattutto nel periodo estivo, vedere turisti stranieri a bordo della propria motocicletta munita di un carrellino al traino. Sulle strade d'Europa, in generale, non è infrequente incontrare motociclette (e non solo di grossa cilindrata) con carrello al traino, le quali possono oltretutto circolare in Italia essendo la loro omologazione valida e riconosciuta in tutti gli Stati membri. Tuttavia il nostro Paese non ha aggiornato la sua legislazione in materia e per tale ragione è stato denunciato alla Corte di giustizia delle Comunità europee dalla Commissione europea, dopo che quest'ultima aveva ricevuto diversi reclami da parte di privati cittadini e di operatori commerciali italiani. La cosa non è irrilevante se si inserisce in un'ottica più complessiva di risveglio per l'economia del Paese, quando una piccola e semplice modifica del codice della strada potrebbe eventualmente aprire nuovi e importanti spazi di mercato.
      L'articolo 10 interviene sulle sanzioni applicate alle violazioni delle norme sulla sosta, riducendole di un terzo, quando siano commesse con ciclomotori o con motocicli. La ragione di ciò è intuitiva e non richiede quindi lunghe spiegazioni: lo spazio occupato da una motocicletta o da un ciclomotore è notevolmente inferiore a quello di qualunque autoveicolo e, in molti casi, è pressoché ininfluente sulla regolarità della circolazione. Quindi, punire un motociclo in divieto di sosta con la medesima sanzione che si applicherebbe a una berlina di 5 metri di lunghezza e di quasi 2 metri di larghezza appare quanto meno sproporzionato.
      Con l'articolo si intende invece regolamentare - seguendo anche in tale caso l'esempio comune ad altri Paesi europei - un costume ampiamente diffuso tra i conducenti di motocicli e di ciclomotori, oggi considerato illegale anche se raramente perseguito. Non di rado accade di vedere transitare - su autostrade, superstrade e tangenziali - sulla corsia di emergenza motocicli per superare lunghe colonne di automobili ferme. Naturalmente non è nostra intenzione legittimare comportamenti pericolosi, ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che ci troviamo a confrontarci con un costume diffusissimo, generalmente non più rischioso di quanto non sia il semplice fatto di viaggiare nel traffico ma, al contempo, assai difficile da
 

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controllare o da reprimere. Le modifiche al codice della strada qui proposte hanno quindi lo scopo di rendere legali queste manovre se eseguite in condizioni di sicurezza.
      L'articolo 12 intende offrire una soluzione razionale all'annosa questione dei requisiti per l'accesso alle autostrade. Si deve tenere conto del fatto che le limitazioni attualmente vigenti (moto di almeno 150 cc, motocarrozzette di almeno 250 cc) risalgono al testo unico del 1959, quando motocicli di tale cilindrata vantavano delle prestazioni modestissime e si riteneva perciò inopportuno permetterne la circolazione sulle autostrade, ove avrebbero potuto costituire intralcio alla marcia degli altri veicoli. Da allora sono trascorsi ormai quasi cinquant'anni, durante i quali molte cose sono cambiate, tranne alcune disposizioni del nostro codice della strada! Per quanto riguarda motocicli e scooter, ad esempio, i modelli con minore velocità, reperibili sul mercato, sono in grado di raggiungere una velocità di 80 km/h, più che sufficiente per circolare su autostrade, superstrade e tangenziali. La modifica proposta abbassa il limite di cilindrata, escludendo ancora i ciclomotori, i quali quindi continueranno a non poter utilizzare autostrade e tangenziali, mentre l'accesso sarà consentito ai motocicli con cilindrata superiore a 100 cc, analogamente a quanto accade negli altri Paesi europei.
      Il capo III della proposta di legge contiene alcune modifiche al codice della strada che hanno lo scopo di mettere ordine in materia di quadricicli. Benché, infatti, questi veicoli siano comparsi sul mercato già da qualche anno, la nostra normativa non si è ancora adeguata, quasi come se non si fosse preso atto della loro esistenza. Eppure si tratta di una tipologia di veicoli che può svolgere un ruolo di estremo rilievo nella mobilità urbana, soprattutto per tutte quelle persone che, per molteplici ragioni - si pensi ad esempio ai disabili - non sono in grado di utilizzare un'automobile, un motociclo o uno scooter. In verità, l'adeguamento del codice della strada, con l'inserimento delle norme relative ai quadricicli, era già previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 31 marzo 2003, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 2003, che recepisce la direttiva 2002/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 marzo 2002, ma fino ad oggi è rimasto lettera morta. Il risultato, invero piuttosto paradossale, è che, in realtà, le norme concernenti tale tipologia di veicoli esistono nel nostro ordinamento, ma non sono evidenti ai più! All'interno del codice della strada, infatti, non se ne rinviene traccia anche se il Ministero dei trasporti provvede alla loro applicazione da anni. L'intento, dunque, è quello di rendere la normativa più trasparente possibile per tutti i cittadini e non solo per gli operatori e gli addetti del settore. Per conseguire questo risultato si è deciso di intervenire su due articoli del codice della strada: l'articolo 52, che definisce le caratteristiche dei ciclomotori, e l'articolo 158, che stabilisce le regole per la fermata e la sosta dei veicoli. Il primo articolo è stato sostituito da una nuova versione che definisce ora - ricavandole da quanto stabilito nel citato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 31 marzo 2003 - anche le caratteristiche dei quadricicli leggeri, oltre a quelle (rimaste inalterate) dei ciclomotori. Onde sgombrare il campo da sempre possibili interpretazioni fuorvianti, nella nuova formulazione dell'articolo 52 è stabilita la totale equiparazione di questi veicoli ai ciclomotori. L'articolo 158 del codice della strada viene integrato, invece, con l'aggiunta di un ulteriore comma al fine di concedere a questi veicoli - considerati in genere come ibridi tra auto e moto e, di conseguenza, non idonei - la possibilità di poter sostare nei parcheggi per auto come in quelli riservati ai motocicli. Il nuovo comma 2-bis stabilisce dunque, in maniera inequivocabile, che nei parcheggi riservati ai motocicli e ai ciclomotori sia permessa la sosta di tricicli, quadricicli e motocicli muniti di sidecar. Al fine di evitare, tuttavia, abusi e fantasiosi stratagemmi si specifica anche che l'ingombro di questi
 

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veicoli deve essere contenuto all'interno degli spazi delimitati dalla segnaletica a terra.
      Gli articoli 16, 17 e 18 della proposta di legge hanno, infine, lo scopo di rimuovere irragionevoli ostacoli all'esercizio di attività quali noleggio con conducente e servizio di piazza (taxi) anche con veicoli diversi da autovetture e da minibus. È facilmente immaginabile la comodità di farsi portare in aeroporto o alla stazione con una moto o con uno scooter! Certo, tali mezzi non sono idonei al trasporto di eventuali bagagli ingombranti o nel caso di avverse condizioni climatiche, ma se si escludono tali estremi il vantaggio in termini di tempo risparmiato è incontestabile e soprattutto impagabile! Già qualche anno fu lanciata l'idea, in alcune grandi città (Roma, Firenze e Palermo), di un rivoluzionario servizio di «moto-taxi», per svolgere il quale era stato individuato un particolare modello di scooter che ben si adattava a quest'uso in quanto dotato di serie particolari specifiche. Tuttavia il nostro attuale codice della strada non prevedeva - e non prevede tuttora - che un tale servizio potesse essere effettuato con un veicolo diverso dalla classica automobile, perciò il progetto citato non poté essere messo in atto. Se non vi fossero stati tali impedimenti, probabilmente da quell'idea sarebbe potuto nascere un business non irrilevante, che avrebbe offerto e offrirebbe opportunità di lavoro a molti giovani e contribuirebbe a ridurre il traffico in città, con benefìci facili da immaginare. Un buon esempio potrebbe sicuramente essere quello di Londra, città che rappresenta nel mondo un simbolo di efficienza soprattutto a livello di trasporti pubblici. Questa città è infatti servita da tre grandi aeroporti ottimamente collegati sia tra loro che con il centro della città. Una delle più famose compagnie aeree inglesi da oltre dieci anni offre ai suoi clienti un servizio denominato «Limobike». Si tratta di un classico servizio di «Limousine», analogo al nostro «noleggio con conducente» e generalmente disponibile in tutti i maggiori aeroporti, effettuato però per mezzo di motociclette di grossa cilindrata dotate di tutto il necessario per accogliere al meglio il cliente e per accompagnarlo in modo rapido e piacevole alla sua destinazione. Ci domandiamo, quindi, perché un analogo servizio non potrebbe funzionare ottimamente anche nel nostro Paese. Con questa semplice modifica al codice della strada vorremmo mettere i nostri concittadini in condizione di esprimere al meglio le loro capacità e il loro spirito di iniziativa.
 

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